Il voto di domenica 22 ottobre, che riaffida per cinque anni a Maurizio Fugatti la guida dell’Autonomia, appare limpido nella sua polarizzazione: in un Trentino dove purtroppo ben 4 persone su 10 non vanno alle urne, la maggioranza degli elettori (51,7%) si schiera col centrodestra, mentre un 37,5% si riconosce nel centrosinistra. E non esiste un terzo polo. Ma se nel 2018 abbiamo titolato “Legaland” oggi dovremmo forse parlare di “Fugattiland” visto il consenso personale dell’ex deputato leghista.
Oltre ad averlo premiato con le preferenze soltanto personali (7.360), gli elettori hanno promosso “a pieni voti” i suoi sei assessori, sia i quattro moschettieri leghisti (Failoni, Zanotelli, Segnana e Bisesti) che il “tecnico” Spinelli e il vice “centrista” Tonina. Più ancora che un voto orientato dai riferimenti nazionali (in Trentino rispetto a cinque anni fa c’è un calo della Lega ed una crescita di Fratelli d’Italia, inferiore però a quella registratasi in Alto Adige), quello trentino sembra determinato dalla squadra fugattiana, soprattutto per la sua penetrazione nelle valli, come risulta da tutte le analisi geopolitiche del voto.
Il rapporto con le valli. Se nei centri cittadini sull’asta dell’Adige il centrosinistra appare ancora in vantaggio, nelle valli il giudizio risulta decisamente spostato a favore dell’ex sottosegretario alla Salute. C’è chi attribuisce questo radicamento al dialogo diretto con gli amministratori locali (gli avversari politici lo definiscono un rapporto “di tipo clientelare”), citando come emblematiche le numerose sedute di Giunta programmate e prolungate anche nei municipi più lontani; certo è stato il convincimento di alcuni sindaci che hanno accettato di “scendere“ in campo con buoni risultati per la coalizione. Ma la strategia per ottenere questo risultato “FugattiLand” è stata quella di allargare il nucleo storico della Lega con una corona di esponenti della società civile e imprenditoriale coagulati nella “Lista del Presidente” che sarebbe più corretto chiamare la “lista dell’assessore” (il silenzioso Spinelli). Probabile che con questa propaggine Fugatti abbia agganciato quell’elettorato di centrodestra che non condivide lo stile di Salvini e che non avrebbe appoggiato le costose iniziative “acchiappaconsenso” come i concerti di Vasco Rossi e Mr. Rain o scelte come quella di dare pieni poteri ad un personaggio divisivo e discutibile come Vittorio Sgarbi.
Il presidente si dice ora rafforzato dal consenso ottenuto per quella che ritiene “concretezza” di buon governo (giudicata invece dalle opposizioni come un populismo inconsistente, schiacciato sull’ordinaria amministrazione) e riporta a proprio favore la gestione delle emergenze di questi cinque anni (dalla tempesta Vaia alla pandemia alla convivenza con i grandi carnivori) che la maggioranza degli elettori avrebbe considerato positivamente. Sono analisi che in una sana autocritica incalzano pure le forze del centrosinistra, considerata la tenuta del PD (primo partito in Provincia), l’esordio brillante di Campobase e il buon risultato di Casa Autonomia Eu e dell’Alleanza Verdi e Sinistra. In vista di un’opposizione vigilante e costruttiva e anche in vista dei prossimi turni elettorali, dalle Europee alle comunali.
Le scelte future. Dopo aver distribuito i ruoli nel suo esecutivo – speriamo con il criterio delle competenze specifiche più che con il bilancino dei partiti – Fugatti dovrà assumersi in pieno la “dolce fatica” d’impostare quella programmazione politica che possa rendere più efficace la nostra Autonomia. Per farlo, rispetto al passato, dovrà dedicare più tempo allo studio e al confronto, attingendo al contributo di tutte le forze politiche presenti in Consiglio (lo abbiamo scritto spesso in queste settimane) perchè è il Consiglio a poter realizzare le normative e le riforme di lungo periodo. Forte del risultato ottenuto, dovrà anche rinunciare a quel piglio decisionista che talvolta gli ha fatto snobbare il confronto con gli avversari (lo si è visto nei dibattiti preelettorali). E sarà anche chiamato ad una visione più solidale e più accogliente che è nel patrimonio anche cattolico del Trentino e mai si concilia con lo slogan elettorale “Prima i Trentini”.
I giovani fuori dal Consiglio. Un ultimo rilievo riguarda l’anagrafe di questo Consiglio che porta un colore molto più rosa, quindi promettente. L’età media però rimane molto alta e – a parte il 32enne Luca Guglielmi, entrato nella quota ladina – le generazioni più giovani non trovano casa nell’aula di piazza Dante. Un segnale che riguarda tutti, ma anche lo stesso governatore e i suoi uomini chiamati finora a pensare al “dopo”.