20 aprile: Domenica di Pasqua – C
Letture: At 10,34a. 37-43; Sal 118; Col 3,1-4 o 1Cor 5,6-8; Gv 20,1-9
«Vide e credette» (Gv 20,8)
Non c’è dubbio che la risurrezione di Gesù è l’evento centrale della nostra fede. Ma che cosa significa credere nella risurrezione e cosa implica vivere da risorti? Le letture di oggi aiutano a rispondere a queste domande invitandoci a guardare:
- Guardare il sepolcro vuoto per credere nella risurrezione (Gv 20,1-9).
- Guardare la pietra scartata per vedere Dio agire nella storia, ridonando dignità agli scartati, libertà agli oppressi e pace ai perseguitati (At 10,34. 37-43).
- Guardare “in alto” dove Cristo siede alla destra del Padre, per imparare a vivere il quotidiano nella prospettiva della risurrezione (Col 3,1-4).
Il vangelo, su cui ci soffermiamo, ha come protagonisti una tomba vuota e tre discepoli, Maria di Magdala, Pietro e Giovanni. Ci dona due chiavi di lettura:
- L’assenza: assenza di luce (v. 1), di un corpo (v. 2) e di una parola capace di interpretare l’esperienza (v. 9).
- Lo sguardo: Maria vede la tomba vuota, pensa ad un furto e corre a chiamare i discepoli (vv. 1-2); Pietro osserva i teli e il sudario ma nulla accade (vv. 6-7); l’altro discepolo fissa gli stessi segni e giunge alla fede (v. 8).
Il brano si apre con il cammino di Maria di Magdala verso il sepolcro (v. 1), dove non si reca per fare qualcosa ma per continuare a stare con Gesù. Nel quarto vangelo, infatti, il corpo di Gesù riceve da subito una degna sepoltura (19,40) grazie agli aromi offerti da Nicodemo (19,39). Pur essendo l’alba, Maria cammina con la notte nel cuore perché sperimenta il dolore dell’assenza del suo Signore. Giunta al sepolcro, la sua notte si fa più cupa perché anche l’ultimo legame con lui, il corpo, è scomparso. Maria vede la tomba aperta e vuota, ma non entra. Corre dai discepoli portando l’annuncio dell’assenza (20,2). È bello pensare che poco più tardi, Maria ripercorrerà quella stessa strada come testimone della presenza, con la luce nel cuore e una proclamazione di vita sulle labbra: «Ho visto il Signore!» (v. 18).
Alla corsa di Maria corrisponde il movimento in senso contrario dei due discepoli. L’evangelista sottolinea che l’altro discepolo arriva prima di Pietro (vv. 4.8) ma lo attende. Quando Pietro giunge, entra nella tomba: vede ma nulla accade. Dopo di lui, anche il discepolo giunto per primo entra nel sepolcro: ma egli vede e crede. Soltanto l’amore, infatti, può aprire lo sguardo alla fede persino in un luogo dove tutto parla di morte.
Come Maria ed il discepolo amato, ognuno di noi è invitato oggi ad entrare nel sepolcro per percepire l’assenza del Cristo; è chiamato a rimanere per rinnovare la nostra adesione a lui; è sollecitato a guardare per vedere la risurrezione in atto nella vita di ogni giorno. Come Maria ed i discepoli siamo invitati, infine, ad uscire dal nostro lutto per incontrare il Risorto. Troppe volte, infatti, la nostra pastorale e la nostra stessa concezione di chiesa manifestano la volontà di cercare un cadavere, un passato che non esiste più. Maria e l’altro discepolo ci invitano a guardare oltre per riconoscere il Risorto nei cammini nuovi posti di fronte a noi. Ciò che piangiamo — secolarizzazione; scarsa rilevanza sociale, carenza di vocazioni — sono possibilità offerte per intraprendere sentieri nuovi e creativi, più inclusivi ed evangelici.
Buona Pasqua, dunque: possa la Parola e lo Spirito condurci fuori dalla tomba del noto per abbracciare una Presenza che ci sorprende conducendoci per sentieri inattesi e inviandoci come testimoni della Sua Resurrezione.