Molestie, parla il consigliere di parità sul lavoro, Matteo Borzaga

foto Gianni Zotta

Sono rari i casi in cui le persone che hanno subìto delle molestie sessuali sul luogo di lavoro si presentano dal Consigliere di parità della Provincia di Trento, Matteo Borzaga. “Mi occupo in media di uno, due casi all’anno, mentre ho incontrato 80 persone che si sono rivolte a me per casi di mobbing. Questo però non vuol dire che le molestie sessuali sul luogo di lavoro non esistano. La ricerca pubblicata un anno fa dalla Cgil ha messo in luce il fatto che il numero di casi non è così limitato come quello che emerge dal mio osservatorio. Solo che per le vittime è molto difficile denunciare la situazione di discriminazione”.

Le persone maggiormente a rischio di subire molestie sessuali sul luogo di lavoro sono le donne, soprattutto se giovani. “La sensazione è che spesso queste discriminazioni colpiscano chi convive con situazioni contrattuali precarie.
Dalla ricerca emerge come alcune donne affermino di non aver agito perché erano in una fase iniziale della loro carriera ed avevano un contratto precario. Al di là dell’elemento contrattuale, dunque, gioca un ruolo molto importante anche la giovane età della persona che subisce la molestia sessuale, che magari non è mai stata esposta a comportamenti di questo tipo e non ha gli strumenti per poter reagire immediatamente”.

Non è un caso, quindi, che le persone che in questi anni si sono rivolte al Consigliere di parità per portare all’attenzione condizioni di molestie sessuali sul luogo di lavoro fossero dotate di strumenti culturali che permettevano loro di comprendere la situazione in cui si trovavano. “Le persone che ho seguito sono arrivate nel mio ufficio appena subite le molestie. Erano tutte persone che, oltre ad avere gli strumenti per decifrarle come tali, erano anche propositive rispetto ai loro datori di lavoro, con cui avevano già fatto dei tentativi per sbrogliare la situazione. Questo non avviene per altre discriminazioni di cui mi occupo, come il mobbing: le persone che sono vittime, in questo caso, arrivano quando la situazione è già compromessa”.

Anche se il giurista lavora sempre “ex post”, per riparare situazioni compromesse, Borzaga sottolinea che è molto importante agire in termini di prevenzione, come suggerito dalla Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata nel 2019 e ratificata anche dall’Italia. “C’è pochissima cultura a livello datoriale su quello che è una molestia sessuale. Mi sono trovato di fronte ad alcuni datori di lavoro che, davanti a casi piuttosto conclamati, hanno replicato che non vedevano dove fosse la molestia”. E le piccole dimensioni delle aziende e delle pubbliche amministrazioni in Trentino rischiano di non aiutare ad intercettare le discriminazioni.
“Se l’ambiente è piccolo diventa più difficile spostare un lavoratore, ma anche usufruire di un’attività formativa strutturata e garantire la riservatezza, che è quello che più mi importa”.

Sono pochi i casi di molestie sessuali sul lavoro che arrivano in tribunale. “Nella maggior parte delle situazioni abbiamo accompagnato il lavoratore verso un’uscita dall’impresa. Ovviamente non si tratta della soluzione con la ‘S’ maiuscola, ma almeno in questo modo viene riconosciuta un’indennità economica. L’azione del giudizio, al di là del fatto che può avere un esito positivo e negativo, ha un impatto psicologico non irrilevante. E nei casi più gravi si ha la sensazione che chi ha vissuto molestie e mobbing voglia lasciarsi tutto alle spalle”.

Spesso le molestie sessuali si verificano in ambienti lavorativi considerati appannaggio degli uomini. Un dato che emerge dalla ricerca della Cgil e anche da alcuni casi affrontati dal Consigliere di parità. “Uno dei casi che ho affrontato riguardava una donna che era stata inserita in un contesto lavorativo maschile, andando a ricoprire un incarico che prima di lei era stato svolto da un collega maschio. Incarico che l’ha portata a dirigere alcuni colleghi che hanno cominciato a boicottarla. Anche se chi ha perpetrato la molestia sessuale è stato un collega in particolare, l’atteggiamento del gruppo, che era ‘amico’ della persona che ricopriva l’incarico prima di lei, le era ostile. Lo era anche se quella persona era stata collocata in un’altra area lavorativa
per cause che non c’entravano nulla con lei, ma con il suo rendimento lavorativo. Spesso il binomio di giovane donna messa in una posizione ‘di vertice’ – e per ‘vertice’ intendo anche un ufficio dove la lavoratrice si trova a dirigere quattro, cinque persone – fa scattare spesso il boicottaggio”.

vitaTrentina

Got Something To Say?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

vitaTrentina